Weave è una nuova rivista italiana, una di quelle che, controcorrente come piace a noi, invitano a rallentare in un mondo che corre talmente veloce da non rendersi nemmeno conto della direzione che sta prendendo.
"W(e)ave é una rivoluzione cartacea a tinte forti, il nostro piccolo contributo per risvegliare coscienze a suon di bellezza - ci raccontano le sue editrici - nasce dal desiderio di raccontare storie, di far scoprire alle persone la meraviglia della moda indipendente, etica e sostenibile in chiave contemporanea, accattivante e comprensibile. Insomma, che tra il lusso ed il pronto moda ci sono un sacco di sfumature e scelte possibili. 

La moda é un pretesto ed il linguaggio che abbiamo scelto per raccontare uno stile di vita differente, ovvero riscoprire la bellezza del rallentare, in aperto contrasto con il turbine rapido della società moderna".

 

Dietro la rivista si nascondono tre professioniste che arrivano dai mondi della moda, della comunicazione, della scrittura e dell'arte, Guya Manzoni, Marina Savarese e Valeria Santarelli che ci hanno raccontato qualcosa di più sulla loro ultima creature.

W(e)ave come intrecciare, tessere (relazioni?), ma con una parentesi che trasforma weave in wave, onda. Cosa volete comunicare con questo nome? 
Un’onda di rinnovamento fatta da una rete di persone affini e connesse, che condividono valori, ideali e missioni. 
Il gioco del nome vuole esprimere proprio questo: Weave come weaving, ovvero intrecciare, tessere, creare relazioni e reti fatte di persone, progetti, storie di imprenditoria virtuose: un prezioso capitale culturale che difficilmente trova spazio nei mezzi di comunicazione istituzionali, e che rappresenta invece un sottosuolo fertile che merita di essere scoperto dai più. Ma anche w(e)ave, come quell’onda di rinnovamento che è necessario cavalcare, guardando oltre e lasciandosi ispirare da storie che parlano di buone pratiche, innovazione e valori autentici.

Weave si inserisce in quel filone di magazine che ispirano e promuovono un ritorno alla manualità, al fare e all'artigianalità di cui fanno parte riviste come Hole&Corner o Faire. Com'è nato il progetto e l'esigenza di creare questa rivista?
L’idea della rivista é nata in seguito alla creazione del portale Sfashion-net.it (aprile 2020), la nostra finestra virtuale su progetti indipendenti di moda critica e virtuosa selezionati tra Italia e Spagna. Siamo entrate in contatto con tantissime realtà interessanti dal punto di vista del prodotto e dei valori che portano avanti (sostenibilità vera, non greenwashing) e ci siamo chieste: “Come poterle rendere ancora più visibili, uscendo dalla dimensione del web”? 
Per le riviste tradizionali questi brand sono praticamente trasparenti (diciamo che se non hanno ingenti budget da investire difficilmente gli viene dato spazio); in più abbiamo notato nell’ultimo periodo come la sostenibilità sia diventata un trend, diffusa dai mezzi tradizionali in maniera sommaria ed approssimativa. Considerato che non c’era nel nostro Paese una rivista che trattava di slow-culture a 360°, abbiamo unito puntini, passioni e competenze e abbiamo deciso di crearla noi. 

Come sono stati selezionati i creativi e le storie che avete incluso nel primo numero? 
Per quanto riguarda i creativi e i brand attingiamo al nostro network, motivo per cui é sempre in crescita e a caccia di nuovi progetti. Nessuno é costretto a partecipare, ma é una possibilità che offriamo volentieri come vantaggio di far parte di una rete attiva e in costante evoluzione. 
Il tema del Numero Zero è “Intrecci” ed é da qui che siamo partite per scovare storie che si legassero al nostro filo conduttore, cucendo insieme argomenti differenti come la cucina, la spiritualità, l’arte e le aziende virtuose. Siamo curiose, attente alla contemporaneità e con uno sguardo aperto sul mondo. Cerchiamo di fare questo: stimolare alla riflessione, informare in maniera onesta e aprire spiragli su realtà poco conosciute. Grazie anche alla collaborazione preziosa dei nostri contributors e partner.

Credi che magazine come Weave possano fare la differenza in termini di sostenibilità e consapevolezza anche ambientale?
Credo proprio di sì. Altrimenti nemmeno ci saremmo imbarcate in questa avventura. Sicuramente può aiutare in termini di consapevolezza e diffusione di messaggi di un certo tipo. Usiamo volontariamente un taglio pop ed un’estetica accattivante perché il nostro obiettivo é quello di raggiungere un pubblico sempre più ampio e portarlo a riflettere, in maniera leggera, comprensibile e a suon di bellezza, su un tipo di approccio alla moda e alla vita differente. Slow…in tutti i sensi.

Qual è il futuro della rivista?
Da brave “surfiste” preferiamo navigare a vista e assecondare il flow, vivendo il presente a pieno e senza fare progetti a lunga scadenza, ma con un occhio ben aperto sul futuro. Ora siamo in lavorazione con il Numero Uno e questo è già un grande passo che ci terrà impegnate fino alla fine dell’anno. E poi il due che non c’è senza il tre…e così via. 
Nei piani c’è anche la traduzione in un paio di lingue e la conquista del Pianeta, ma non abbiamo fretta 😉

29 agosto 2021 — Anna Frabotta
Tag: interviste

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