Maize è la rivista di H-Farm, centro di innovazione nato a Treviso nel 2005 che ospita startup e progetti tecnologici avanzati ai quali dà supporto e ai quali permette di creare reti per essere lanciati sul mercato.

Insomma, H-Farm è quanto di più lontano ci sia da una una concezione un po' bohemienne delle riviste indipendenti. Ma negli anni, pur lavorando con big data, etere e touchscreen, non ha perso la sensibilità e l'importanza del contatto umano proprio per lo sviluppo di tutto ciò che è online. E così ha fatto circolare per anni un houseorgan da diffondere nella propria rete professionale, che è diventato uno strumento di divulgazione riconosciuto all'interno di uno stretto mondo di innovatori e visionari. A quel punto, che fare?

A questo punto era evidente la nascita di un oggetto nuovo nel mondo dell'editoria indipendente. Qualcosa che usciva dai già solcati terreni del viaggio, dell'arte, della fotografia e diventava una rivista che rifletteva sul rapporto tra uomo, tecnologia e progresso in una chiave scientifica e molto approfondita.

Un panorama inesplorato che merita attenzione perchè porta su carta un oggetto dai contenuti ricchissimi, con autori di primo piano che dalla sesta edizione ha voluto diventare grande e, con l'aiuto dell'Art Director di H-Farm anche molto bello nel design e nella struttura grafica. Un progetto che merita riconoscenza perchè parlare di tecnologia e innovazione su carta è davvero difficile oggi e senza un reale valore aggiunto ogni progetto sarebbe estinto sul nascere.

Dalla sesta edizione dunque Maize diventa una rivista che esce dalla stretta cerchia di H-Farm e, completamente ridisegnata nello stile, prova a fare capolino tra il pubblico ed è così che dal numero 7 l'abbiamo accolta nella selezione di Frab's.

 

NUMERO 7 - IL TEMPO

Il numero 7 di Maize è interamente dedicato al tempo. E' un concentrato multidisciplinare di approfonditi contributi professionali su questa materia, meritevoli essi stessi di tempo e attenzione per uno studio approfondito. Stampata in 1500 copie è una rivista intellettualmente indipendente, un house organ che ha raccolto fondi per la sostenibilità di contenuti di altissimo spessore scientifico 

Eccoli qua i principali, nell'ordine in cui li trovate nella rivista:

Il numero si apre con la storia del tempo ed un progetto fotografico ad esso dedicato di Weronica Gesica Traces e arriva subito a Greenwhich e all'invenzione moderna del concetto stesso di tempo in uno studio di Riccardo Coluccini. Il neuroscienziato Moran Cerf descrive come il nostro cervello percepisce e organizza il tempo da un punto di vista scientifico. Matteo Bonazzi analizza i tempi diversi della nostra esistenza conscia e dell'inconscio, che ha mappe temporali proprie e su quelle muove la nostra parte interiore. 

Per entrare nel mondo scientifico, il fisico teorico Carlo Rovelli ci racconta l'equazione del tempo e l'impossibilità di comprenderla a pieno da parte di fisici, cosmologi e neuroscienziati. In una conversazione con il filosofo Emanuele Coccia si cerca di stabilire il diverso concetto di tempo del mondo delle piante, che possono durare secoli o solo alcune settimane in un intreccio difficile da decifrare.  Incredibili immagini di aerei accompagnano una riflessione sulla velocità delle nostre vite nei tempi moderni. Interessante il concetto di tempo diverso anche tra uomini di diverse culture: in Amazzonia vi è un gruppo di umani che scandisce il tempo in una maniera del tutto rivoluzionaria.

Giovanni Soldini è uno dei nomi noti di questo numero di Maize, che si avventura nelle sue esperienze solitarie sui mari per provare a trasmettere un tempo diverso che la relazione con una materia come l'acqua può dare all'uomo.  Notevole uno studio di Ornella Sinigaglia su come le attività mattutine abbiano modificato la nostra produttività quotidiana, soprattutto nella società occidentale. Immancabile infine un'analisi su come i videogiochi oggi ci permettano di vivere un tempo non nostro standocene seduti alle nostre scrivanie. 

Il numero 7 di Maize è disponibile su Frab's QUI

 

 

02 gennaio 2020 — Dario Gaspari

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